Ho aspettato ben due settimane prima di raccontare qualcosa dell’esperienza americana. Ancora adesso, mentre provo a mettere per iscritto qualche pensiero, debbo cercare di essere distaccato, freddo e spensierato per non essere investito da tanta gioia ed emozioni così forti come quelle provate durante tutta la permanenza a NY.
La maratona di New York è una gigante festa; si inizia ad essere febbrilmente coinvolti almeno una settimana prima. Manhattan si popola di runners-turisti e quel che accade la prima domenica di novembre, ogni anno, per la gran parte dei newyorkesi è un appuntamento fisso e imperdibile: si blocca il traffico, si ferma la metropoli; si attendono, lungo le strade del percorso, gli oltre 45.000 runners provenienti da ogni angolo del pianeta per assisterli ed incitarli.
La maratona di New York significa correre i leggendari 26.2 miles attraverso i 5 distretti: Staten Island, Brooklyn, Queens, Bronx, Manhattan. Un divertimento assoluto è stato passare tra le vie di Brooklyn, con due ali di folla ai bordi della strada che ti avvolgono come succede ai ciclisti quando si arrampicano lungo i valici nelle tappe di montagna.
La maratona di New York si snoda lungo un tracciato che risulta, se non il più difficile al mondo, almeno uno tra quelli più impegnativi (eccome se si è sentito) con i suoi 5 ponti (il Verrazano Bridge alla partenza, il Pulaski Bridge alla mezza maratona, il Queensboro Bridge al 25° km, il Willis Avenue Bridge e il Madison Avenue Bridge, dopo il 30esimo km, zona Bronx). Il più duro di tutti è il Queensboro Bridge con la sua salita interminabile ma vale la pena soffrire per quel tipo di esperienza (dura) che ti regala. E’ stato come vivere una fase mistica: impagabile l’ascolto di quel silenzio assoluto accarezzato dal vento, fatto di sudore, lacrime e fatica mentre sopraggiungevano i primi dolori. Uscire dal tunnel fatto di ferro e sbucare sulla 1st Avenue, è tutto quello che si può immaginare di vivere al massimo durante una maratona: adrenalina pura e gioia infinita di essere, a quel punto, non più lontani dal realizzare quel sogno cullato per tanti, troppi anni. Ed esserci, finalmente.
La maratona di New York è quella gara in cui speri non solo di concluderla (obiettivo minimo) ma di stabilire, perché no, anche il nuovo primato personale. Avevo sperato di transitare a metà gara entro 1h43’30″, ed invece ho fatto meglio: passaggio ai 13.1 miles in 1h41’13”. Ho concluso con un divario del coma (cit.) pari a 6’31”, una piccola debacle, ma il tempo buono accumulato in precedenza mi consentiva di completare la mia prima NYCM con un nuovo personal best sotto le 3h30′, per la precisione 3h28’57”. Bellissimo.
La maratona di New York è una gigante festa; si inizia ad essere febbrilmente coinvolti almeno una settimana prima. Manhattan si popola di runners-turisti e quel che accade la prima domenica di novembre, ogni anno, per la gran parte dei newyorkesi è un appuntamento fisso e imperdibile: si blocca il traffico, si ferma la metropoli; si attendono, lungo le strade del percorso, gli oltre 45.000 runners provenienti da ogni angolo del pianeta per assisterli ed incitarli.
La maratona di New York significa correre i leggendari 26.2 miles attraverso i 5 distretti: Staten Island, Brooklyn, Queens, Bronx, Manhattan. Un divertimento assoluto è stato passare tra le vie di Brooklyn, con due ali di folla ai bordi della strada che ti avvolgono come succede ai ciclisti quando si arrampicano lungo i valici nelle tappe di montagna.
La maratona di New York si snoda lungo un tracciato che risulta, se non il più difficile al mondo, almeno uno tra quelli più impegnativi (eccome se si è sentito) con i suoi 5 ponti (il Verrazano Bridge alla partenza, il Pulaski Bridge alla mezza maratona, il Queensboro Bridge al 25° km, il Willis Avenue Bridge e il Madison Avenue Bridge, dopo il 30esimo km, zona Bronx). Il più duro di tutti è il Queensboro Bridge con la sua salita interminabile ma vale la pena soffrire per quel tipo di esperienza (dura) che ti regala. E’ stato come vivere una fase mistica: impagabile l’ascolto di quel silenzio assoluto accarezzato dal vento, fatto di sudore, lacrime e fatica mentre sopraggiungevano i primi dolori. Uscire dal tunnel fatto di ferro e sbucare sulla 1st Avenue, è tutto quello che si può immaginare di vivere al massimo durante una maratona: adrenalina pura e gioia infinita di essere, a quel punto, non più lontani dal realizzare quel sogno cullato per tanti, troppi anni. Ed esserci, finalmente.
La maratona di New York è quella gara in cui speri non solo di concluderla (obiettivo minimo) ma di stabilire, perché no, anche il nuovo primato personale. Avevo sperato di transitare a metà gara entro 1h43’30″, ed invece ho fatto meglio: passaggio ai 13.1 miles in 1h41’13”. Ho concluso con un divario del coma (cit.) pari a 6’31”, una piccola debacle, ma il tempo buono accumulato in precedenza mi consentiva di completare la mia prima NYCM con un nuovo personal best sotto le 3h30′, per la precisione 3h28’57”. Bellissimo.
technorati tags: sogni che si avverano, ING NYCM 2011, finish time < 210'