Saluti da Fujioka

E anche a Tokyo ci è scappato il giro fuori distretto. L’occasione è nata dall’invito della zia a passare a salutarla nel suo ristorante, tipicamente locale, per il pranzo. Ha scelto di vivere lontana dal caos della metropoli, per la precisione a Fujioka, nella prefettura di Gunma, a circa 70 km a nord della capitale.
Dopo un viaggio tranquillo, sebbene molto lungo, siamo giunti in questo apparente piccolo centro, con case tutte intorno a dei campi di riso. Anni luce di distanza da quello che, fino a poche ore prima, si poneva davanti ai nostri occhi come una costante: il caos organizzato.
Pare che da quelle parti di italiani non si siano mai avute tracce. Per eliminare questa buona tradizione, è successo che ne circolassero addirittura due nello stesso momento: me e mio fratello.
Una volta entrati nel ristorante, abbiamo fatto la conoscenza di un personaggio fuori dal tempo, folle come pochi, ma pur sempre gentile, cortese, nonché un ottimo cuoco.

Lo zio.

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Saluti da Tokyo #4

Io ce la sto mettendo tutta. Mi sono meritato anche la definizione di tecchyan, termine nipponico per indicare i fanatici dei treni e delle mappe ferroviarie. Ma niente, soccombo. Di fronte a questa realta’ così ingarbugliata, anche se avessi utilizzato un modello matematico accurato, non sarei riuscito ad evitare la (ver)gogna del perdermi nei meandri della Babele fatta di linee e colori piu’ divertente del mondo.

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Saluti da Tokyo #3

Discrezione e riservatezza sono regole d’oro che tutti rispettano. Così, scopro che anche quando si passa dalla libreria e si decide di acquistare un piccolo volumetto che descrive il modo piu’ semplice sul come spostarsi per Tokyo senza sottoscrivere un mutuo, osservo che il suddetto, prima della riconsegna da parte del solerte cassiere, viene accuratamente rivestito da un’anonima copertina assolutamente non rischiesta. Lì per lì non comprendo il motivo di tanta premura; poi, osservando diversi altri libri conciati allo stesso modo, realizzo: quella deve essere, senza ombra di dubbio, la risposta generalizzata ma sana alla lettura malata del porno, in pubblico, di fronte agli occhi indiscreti di tutti.

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Saluti da Tokyo #2

Sono bastati quattro giorni per avere, dal termitaio piu’ grande del mondo, alcune delle conferme del modo di vivere in Giappone, e non si poteva iniziare che da qui:

– Il numero dei suicidi
Da quando sono arrivato non e’ passato giorno in cui qualche linea della metropolitana non sia stata bloccata. Motivo? Quello noto: capita che ci sia sempre qualcuno che decide di morire gettandosi sotto uno dei numerosi treni in corsa della metropolitana. Di fronte ad eventi del genere, del tutto normali per chi vive qui, e’ commovente il linguaggio edulcorato che viene utilizzato dai responsabili del servizio ferroviario per commentare l’accaduto. Sui display di ogni stazione viene riportata la notizia che suona come “parziale sospensione del servizio sulla linea a causa di un incidente provocato dalla presenza di una persona lungo il percorso“. Per l’appunto, chissa’ cosa ci faceva una persona lungo la ferrovia; fanno finta di non saperlo. Magari poi si scopre che hanno financo chiesto i danni economici alla famiglia del suicida di turno. Non mi meraviglierei se fosse cosi’.

– La piena e buona occupazione
A quanto pare in questo Paese vige un’attenta politica occupazionale. Io la chiamo la piena e buona occupazione. C’e’ tanta gente che svolge mansioni del tutto inutili: a cio’ non riesco a trovare una motivazione valida. Per esempio, i tizi che lungo i marciapiedi o nei sottopassi indicano la strada da percorrere a fronte di una interruzione causata dai lavori in corso, nonostante ci siano ovunque precise indicazioni di dove andare, a cosa servono? Le persone in divisa che per fronteggiare il sovraffollamento dei treni, nelle ore di punta, hanno il compito di spingere i passeggeri dentro i treni in procinto di partire dalle diverse stazioni come se fossero sardine, perche’ non vengono mandate a casa? C’e’ davvero bisogno di loro? Oppure, perche’ ci sono tutte quelle persone che ti accompagnano in ascensore come se fossimo i piu’ grandi impediti del secolo a capire come si utilizza una pulsantiera di un elevator? A tutto cio’ mi domando sempre chi e’ che paga.

– Il termitaio piu’ grande del mondo
Quello che colpisce maggiormente di questa metropoli estesa a perdita d’occhio e’ il suo sviluppo non tanto in orizzontale ne’ tantomeno quello in verticale ma tutto cio’ che le e’ accaduto – negli anni – dentro, nella sua profondita’, nel proprio ventre. In ogni angolo disponibile di ciascun quartiere, in ogni anfratto, sotto ogni ponte, in ciascuno incrocio e in molti luoghi al limite del possibile sono stati capaci di costruire, di edificare, di popolare e, dunque, per poter campare, di dare vita ad una attivita’ commerciale. C’e’ stata una sorta di occupazione puntuale degli spazi urbani rendendo Tokyo una megalopoli in costante crescita demografica ed economica, senza alcun controllo, pregna di opulenza, gravida di figli: una situazione questa che balza subito agli occhi e che o stordisce o inebria, perche’ altro non ti puo’ accadere nel viverla come un suo figlio acquisito e non come un banale turista.

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Saluti da Tokyo #1

E’ stato peggio del previsto. Il jet lag. Si è presentato con tutto il fastidio di cui fosse capace mandandomi a puttane le prime ore di questa vacanza nipponica. Sono stato tutta la mattinata di oggi, la notte per il mio organismo, a strisciare per muri lungo questa metropoli riportata in scala, con gli occhi sbarrati cercando di non farmi possedere dal sonno. Arrivare da queste parti all’alba, quando da noi è mezzanotte, non è stata una scelta vincente. Il volo diretto è meraviglioso, nonostante le 12h10′ trascorse in cielo, e scegliere il posto lungo il corridoio rimane essenziale. La mia prima impressione è che molti tokyoti siano parecchio sciroccati, ragion per cui ritengo di potermi trovare a mio agio. Fa caldo, anche troppo per i miei gusti, a causa della buona dose di umidita’ che si percepisce nell’aria.

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Ci sono quasi

Sento mia cognata tramite Skype. Ci scambiamo gli ultimi dettagli prima della partenza. Mi riporta l’indirizzo del luogo dove andrò ad alloggiare. Sembra uno scioglilingua: Kanagawaken Kawasakishi Takatuku Sennenshinnmachi… Poi mi saluta, e mi fa: allora ci vediamo a Tokyo. Domenica mattina, all’aeroporto. Incredibile, ancora non ci credo che ci incontriamo nella mia città. Eggià, non lo credo possibile neanche io. Eppure sono qui, pronto ad uscire di casa con valigia al seguito. Tra poche ore sono sul mio primo volo intercontinentale.

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