E’ da anni che va dicendo una cosa del genere, e rimanere impressionanti, adesso, stona un po’: non la si può chiamare,
questa, una provocazione. Vabbé, poco male, risulta comunque una succosa intervista al musicista che, tra l’altro, dice:
spero che a Napoli, nel teatro dove da Rossini in poi sono passati tutti i più grandi, potremo vivere tutti insieme un’altra notte da ricordare. Arriverò almeno tre giorni prima, come faccio sempre, perché non ho bisogno di provare ma di camminare per le strade, ascoltare i rumori. La musica di una città è nella sua aria: basta saperla ascoltare. Ecco perché la globalizzazione è così terribile: un solo mondo, una sola lingua? Una noia inimmaginabile […] Sostenere che il pianoforte è obsoleto è la negazione della mia visione della musica. Suonare è un atto estremo, voglio trascendere le possibilità fisiche del mio piano, voglio che suoni come una voce umana.
Mentre si accinge a festeggiare i suoi 64 anni (auguri) oggi, lo si attende con un’ansia che vi lascio solo immaginare. I biglietti del concerto napoletano di lunedì 18 sono andati via come il pane, acquistati da ogni parte dell’Europa e finanche da appassionati statunitensi (qui).
Mi auguro solo di non trovarmi seduto accanto ad una persona con troppa irrequietezza. Basta la mia.
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